IL 25 APRILE 2012
(Appuntamento ore 08,00–Piazza Regina Pacis a Condofuri Marina)
Il monte Tifia è una splendida terrazza sul mare Jonio. Posto alle spalle dell’abitato di Condofuri Marina, è un punto di osservazione privilegiato per gli amanti della natura e gli appassionati del clic ad ogni costo. Una collocazione di indubbio valore che da sola basterebbe a mitigare la curiosità di un esigente escursionista. Ma non è tutto!
Da queste parti, oltre agli odori ed i sapori di una particolarissima macchia mediterranea, si respira un autentico profumo di storia; si ha, netta, la sensazione di immergersi in un passato intenso e sconosciuto, un passato, insomma, che ha molte cose da raccontare. E’ calpestando questi sentieri che l’escursionista di turno si imbatte in un continuum di reperti e rinvenimenti la cui osservazione lo proietta, inevitabilmente, in tempi remoti: in quello che fu il variegato, dinamico ed operoso, mondo dei nostri progenitori. Un sito interessante, dunque, la cui ampiezza si aggira attorno ai 3.000 mq ed i cui rinvenimenti fanno pensare ad un importante insediamento risalente, addirittura, all’età del bronzo.
E’ proprio in questo posto che è stato rinvenuto un particolare vaso quadriansato le cui caratteristiche, le dimensioni (cm 56×40) e la sua particolare conformazione lo qualificano come pezzo unico e di produzione locale. La sua collocazione in un preciso ambito cronologico (età del bronzo 2300 – 1000 a.c.) è stata resa possibile grazie alla competente collaborazione della dott.ssa Emilia Andronico, direttrice pro-tempore del Museo Nazionale di Reggio Calabria dove tutt’oggi il vaso viene regolarmente custodito.
I protagonisti di questo importante ritrovamento, Giuseppe Enzio Praticò e Stefano Ferrante, hanno dato corso ad una passione che coltivano da sempre. Tutt’oggi, imperterriti, continuano a coltivarla, esplorando in lungo ed in largo le distese e gli anfratti della nostra Area. La loro costanza ha anche prodotto del proselitismo: molti di coloro i quali un tempo li consideravano solo degli svagati oggi li apprezzano e condividono con loro il tempo libero.
La loro, è un’innata propensione per la ricerca, fatta di intensa curiosità ed incessante sete di scoprire il tortuoso cammino disegnato dai nostri avi: un’attività nobile e disinteressata, altamente meritoria, realizzabile solo attraverso la tenace perseveranza di chi crede in ciò che fa. E’ loro convincimento che solo attraverso il ritrovamento e l’esplorazione degli antichi reperti si riuscirà a completare, con tutti i tasselli, un mosaico affascinante di cui tutti noi siamo la parte finale.
Varie sono state, da parte loro, le segnalazioni di siti e ritrovamenti di un certo interesse, a partire dall’insediamento tardo-antico di “Rocca del lupo” situato quasi nell’alveo del torrente Amendolea, di rimpetto all’abitato omonimo. Qui è ancora possibile intravedere quel che resta dei ruderi di chiesetta bizantina. Di grande rilievo è anche il ritrovamento, sempre nell’entroterra di Condofuri Marina, di una capanna risalente con molta probabilità all’età del bronzo ed il rinvenimento nelle immediate vicinanze di reperti che fanno pensare ad una residenza greca.
Questi rinvenimenti, ed altri consimili provenienti dalla medesima area, attestano che già dal terzo millennio a.c. il territorio condofurese, insieme al complesso dei territori della fascia costiera e pedemontana jonica, faceva parte integrante di un comprensorio territoriale vastissimo e variegato, ricco di cultura e oggetto di frequente interscambio con le altre genti del Mediterraneo meridionale, da oriente ad occidente. Le nostre coste erano intensamente frequentate da popolazioni attive nel commercio delle selci e dell’ossidiana prima e dei metalli poi, e poi ancora, da mercanti attici, africani ed asiatici.